Il capo dei capi è una miniserie televisiva in sei puntate,[1] andata in onda fra ottobre e novembre 2007 su Canale 5 al giovedì in prima serata e in replica da sabato 3 dicembre 2011 su Rete 4, sempre in prima serata; le riproposizioni della fiction inoltre sono proseguite anche su Mediaset Extra. La serie racconta la storia del noto boss Salvatore Riina, interpretato da Claudio Gioè. La regia è di Alexis Sweet e Enzo Monteleone. Prodotta dalla Taodue, la serie è ispirata all'omonimo libro-inchiesta dei giornalisti Giuseppe D'Avanzo e Attilio Bolzoni, pubblicato da Mondadori nel 1993.
Nel 1943 Salvatore è un ragazzo di 13 anni che vive a Corleone; mentre lavora nei campi col padre, trova una bomba ed il padre vorrebbe recuperare la polvere da sparo contenuta nell'ordigno per rivenderla ai cacciatori e ricavare qualcosa per arrotondare i suoi magri guadagni come bracciante, ma la bomba esplode uccidendo lui e il fratello minore di Totò. Salvatore diventa così il capo della sua famiglia, con la quale è costretto a continuare a vivere nella miseria.
[DvD - Ita] Il Capo Dei Capi - 1
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Stanco di vivere in povertà, Totò insieme ai suoi amici Bernardo Provenzano (detto Binnu), Calogero Bagarella e Biagio Schirò, inizia a lavorare per Luciano Liggio, picciotto del boss Michele Navarra, che rapisce e uccide il sindacalista Placido Rizzotto. Mentre Riina finisce in prigione per aver commesso l'omicidio di Domenico detto "Menico" (il figlio del mugnaio a cui Totò portava il grano da macinare), Schirò si dedica allo studio. Dopo sei anni Totò, ormai adulto, viene scarcerato. Ad aspettarlo fuori dal carcere ci sono Bernardo Provenzano, Calogero Bagarella e un nuovo membro della banda, Luciano Maino. Schirò, divenuto poliziotto, inizia ad indagare, insieme al nuovo commissario Angelo Mangano, sulla banda che fa capo a Liggio, che ha fatto uccidere il boss Michele Navarra ed è ormai intenzionato ad espandersi verso Palermo. Intanto Totò conosce Antonietta Bagarella (Ninetta), sorella minore del suo amico Calogero, ragazza studiosa che frequenta il liceo classico, e se ne innamora. Ma scoprirà ben presto che è molto amica di Teresa, una giovane che frequenta Biagio Schirò.
Voi non avete capito, o per meglio dire non volete capire che cosa significa Corleone. Voi state giudicando degli onesti galantuomini, che i carabinieri e la polizia hanno denunciato pe' capriccio. Noi vi vogliamo avvertire che se un solo galantuomo di Corleone sarà condannato, voi salterete in aria, sarete distrutti, sarete scannati come pure i vostri familiari. Adesso non vi resta che essere giudiziosi!
Il 30 giugno 1963, a Palermo, in contrada Ciaculli, viene ritrovata una Giulietta imbottita di esplosivo. Non appena il capitano apre il bagagliaio, l'auto esplode facendo sette vittime. In conseguenza di quest'avvenimento vengono arrestate numerosissime persone mentre altre si devono nascondere. Maino preferisce restare a Palermo con la sua ragazza invece di nascondersi insieme ai suoi compagni.
Mi chiamo Tommaso Buscetta e sono un uomo d'onore... Riina è il capo di tutto, dottore. Non vi lasciate incantare dalla sua faccia da viddanu. Lui persino quando è un pupo si sente Puparo. Cosa Nostra è fatta come una chiesa: alla base ci stanno i soldati. I soldati sono organizzati in decina. Le decine sono comandate dai capidecina che sono le colonne e le colonne reggono la cupola. Totò Riina ha cominciato come un soldato e oggi sta sulla cupola. Comanda a tutti: ai capifamiglia, ai politici, ai banchieri, ai poliziotti... pure a voi! L'hanno chiamata guerra di mafia?. Non è stata una guerra, dottore. È stato un massacro. Una caccia all'uomo scatenata dai corleonesi. E Salvatore Riina è la mente, giudice Falcone.
Poi c'è quella bestia di Bernardo Provenzano e Pino Scarpuzzedda e Luchino Bagarella sono il braccio. Lasciate perdere Liggio che è un povero buffone.Loro hanno ucciso il colonnello Russo, loro hanno voluto la morte di Terranova. È Totò u' curtu che ha imposto alla commissione l'assassinio di Piersanti Mattarella, e sempre U' curtu che ha fatto uccidere il capitano Basile, l'onorevole Pio La Torre e il procuratore Scaglione. È lui che ha organizzato la morte di Dalla Chiesa per fare un favore a qualche politico di Roma.
Per il titolo di capo dell'ufficio istruzione di Palermo ci sono due candidati: Giovanni Falcone e Antonino Meli. La nomina di Falcone sembra scontata ma il ruolo viene invece affidato a Meli. Riina ordina l'assassinio di Falcone a Pino Scarpuzzedda e a Luchino. Pino organizza un attentato alla casa al mare del giudice all'Addaura, presso Mondello, ma fallisce. Nei giorni seguenti Scarpuzzedda, ormai divenuto abbastanza potente, con la sua aria da spavaldo, compie due rapine nella zona del boss Pietro Aglieri, uno in una gioielleria e l'altro al Banco di Sicilia. U curtu lo fa eliminare strangolato dai suoi stessi colleghi (Antonino Madonia, Filippo Marchese, Antonino Marchese, Pino Marchese, Vincenzo Puccio, Giuseppe Lucchese e Giuseppe Giacomo Gambino), con cui aveva effettuato la rapina in banca ed il fallito attentato a Falcone.
Falcone viene trasferito a Roma. Ninuzzo Schirò decide di seguire le orme del padre, diventando anche lui poliziotto. La revisione della sentenza del Maxiprocesso non avviene neanche in Cassazione e Totò fa uccidere Salvo Lima. Qualche giorno dopo Totò Riina e Giovanni Brusca si incontrano per organizzare l'attentato a Falcone. Il giudice, recatosi a Palermo, viene ucciso con il tritolo al bivio di Capaci il 23 maggio 1992, insieme alla moglie Francesca Morvillo e alla scorta. Circa due mesi dopo viene ucciso anche Paolo Borsellino, mentre era in corso la trattativa tra pezzi deviati delle istituzioni e Cosa Nostra alla quale Paolo Borsellino si sarebbe sicuramente opposto con fermezza. Alcuni soldati di Totò, su suo ordine, uccidono Ignazio Salvo. Intanto Vito Ciancimino viene contattato dal capitano dei carabinieri Li Donni nel tentativo di trattare con i Corleonesi per porre fine alle stragi. Totò Riina decide di trattare con lo Stato e prepara un "papello" con tutte le sue richieste.
L'allora PM della Dda di Palermo, Antonio Ingroia, ha asserito che alcune fiction come Il capo dei capi possono essere dannose perché creano un'iconografia positiva dei mafiosi. Il pm, recatosi in una scuola di Palermo, ha chiesto agli alunni chi erano secondo loro i personaggi più simpatici; tutti hanno risposto Totò Riina e Giuseppe Greco "Scarpuzzedda". Questi stessi ragazzi, in un sondaggio precedente, avevano affermato che la mafia era dannosa e che non volevano farne parte.
Intervenendo a Viva Voce su Radio 24 Ingroia ha dichiarato: Sono contrario a ogni forma di censura. Ma ho la netta sensazione che con la fiction Il capo dei capi c'è il rischio di fare un'iconografia alla rovescia su Totò Riina che emana un fascino un po' sinistro.Pino Pisicchio ha definito "giustificazionista" la fiction perché presenterebbe la figura di Riina come uno sfortunato figlio di Sicilia con la faccia simpatica. L'opinione di Clemente Mastella, ministro della Giustizia al tempo della messa in onda, era che la serie avrebbe dovuto essere bloccata.
Biagio Schirò è un personaggio fittizio, nato dalla fantasia degli sceneggiatori della fiction[4], ispirato almeno in parte a quello dell'agente di Polizia Biagio Melita, che nel 1963 riconobbe realmente Riina ad un posto di blocco e lo fece arrestare[5]. Amico d'infanzia di Totò Riina, Schirò è orfano del padre, morto in guerra e fatica nei campi per mantenere lui e la madre. Quando Riina finirà in carcere per aver commesso il primo omicidio, Biagio si metterà a studiare e, dopo pochi anni, diverrà poliziotto. Intralciato dai suoi superiori, sposerà dopo mille difficoltà Teresa e continuerà ad indagare contro Riina insieme a uomini validi che verranno quasi tutti eliminati. Infine Schirò rimarrà gravemente ferito in un conflitto a fuoco con due sicari di Riina (tra questi Leoluca Bagarella) che lo volevano rapire e questo gli causerà una lesione permanente alla gamba. Dopo tantissimi sforzi riuscì a trovare Totò Riina parlandogli per l'ultima volta con la conclusione della serie Il capo dei capi.
Tra le differenze con la vicenda storica c'è l'assassinio di Salvatore La Barbera. Nella serie, infatti, viene rapito e ucciso da Michele Cavataio; in realtà fu attirato in una riunione della Commissione da Salvatore Greco "Cicchiteddu" (all'epoca dei fatti egli era capo della Commissione) e strangolato.
Un'altra differenza riguarda la strage di viale Lazio, nella realtà Salvatore Riina restò in un'automobile a coordinare l'operazione. Inoltre l'assassinio di Michele Cavataio fu commissionato, di comune accordo, da Stefano Bontate, Gaetano Badalamenti, Giuseppe Di Cristina e Luciano Liggio (la serie, invece, lascia intendere che siano stati i corleonesi e Badalamenti a ordinare l'omicidio, andando contro il volere degli altri capifamiglia).
Nella terza puntata, dopo la strage di Viale Lazio, i capi si riuniscono e Buscetta propone di formare una nuova Commissione. In realtà la proposta fu presentata da Giuseppe Calderone nel 1975. Alla fine della terza puntata Riina fa assassinare Di Cristina e Calderone. Quest'ultimo viene ucciso da Vito Maranza travestito da cameriere in un resort; in realtà Calderone fu attirato da Nitto Santapaola e Salvatore Ferrera (uomini di cui Calderone si fidava, ma che erano dalla parte dei Corleonesi) ad Aci Castello. Qui Calderone e il suo autista caddero in un'imboscata dove rimasero gravemente feriti. Calderone morì in ospedale qualche giorno dopo, a causa delle gravi ferite, era l'8 settembre 1978. 2ff7e9595c
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